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La Sicurezza antincendi attraverso i Sistemi di Gestione

“La prevenzione incendi: la gestione della sicurezza aspetto qualificante del passaggio tra sistema prescrittivo e sistema prestazionale 

 

 

 

Abstract: nel settore della sicurezza sul lavoro e della prevenzione incendi sono in atto da anni profondi cambiamenti di impostazione. Dalle norme cautelari e quantitativamente definite in maniera indiscriminata dal piccolo al grande, dal semplice al complesso si è passati alle valutazioni specifiche assistite principalmente dal dato statistico-probabilistico. In questo nuovo approccio ai temi della sicurezza un ruolo cardine lo svolge la gestione della sicurezza, un ruolo le cui prime tracce si ritrovano a partire dal 1934 con il decreto sugli oli minerali.

 

1. Gli albori della gestione della sicurezza antincendi

            La legge definisce prevenzione incendi la funzione di preminente interesse pubblico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente attraverso la promozione, lo studio, la predisposizione e la sperimentazione di norme, misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare l'insorgenza di un incendio e degli eventi ad esso comunque connessi o a limitarne le conseguenze.

            Si tratta quindi di una materia interdisciplinare che tende a mitigare il rischio di incendio con misure di protezione passiva, con misure di protezione attiva ed, in ultimo, non per importanza, con misure gestionali ed organizzative.

            Le misure gestionali ed organizzative, dunque, sono parti della strategia di sicurezza antincendi  e se ne trovano prime tracce nel D.M. 31 luglio 1934, tuttora vigente, sugli oli minerali.

            In tale decreto, infatti, si prevede:

-           Alla direzione degli stabilimenti in cui si lavorano oli minerali e loro derivati devono essere preposti dottori in ingegneria o in chimica abilitati all'esercizio della professione. La direzione dei depositi di tali sostanze, a qualsiasi scopo costituiti, deve essere affidata a persona tecnicamente idonea.

-          Il personale adibito a deposito o a stabilimenti nei quali si conservano o si lavorano oli minerali e loro derivati, deve essere istruito sulle cautele da osservare per ovviare a incendi e a scoppi, e per intervenire prontamente ed efficacemente in caso di bisogno.

-          E' opportuno che siano fatte frequenti prove collettive, durante le quali si dovrà sperimentare l'opportunità delle disposizioni particolari stabilite (se occorre, di concerto con i civici pompieri) per i locali pericolosi.

Il D.M. del 1934 sugli oli minerali impone alla direzione degli stabilimenti “pericolosi” ingegneri o dottori in chimica che siano abilitati all’esercizio della professione, cioè figure professionali altamente qualificate.

            Altro atto normativo degli anni cinquanta è la Circolare del Ministero dell'Interno del 15 febbraio 1951, n. 16 relativa alle “Norme di sicurezza per la costruzione, l'esercizio e la vigilanza dei teatri, cinematografi e altri locali di spettacolo in genere”.

Il Titolo IX “Disposizioni Complementari per l’Esercizio” prevede numerose misure gestionali ed organizzative quali la presenza nel locale di planimetrie con l’indicazione delle vie di esodo, l’ubicazione dei mezzi di spegnimento, dei quadri elettrici e l’indicazione della persona incaricata della direzione del locale della manutenzione e sorveglianza degli impianti e del personale addetto. L'esercente dovrà inoltre curare che il personale addetto in modo permanente al servizio del locale, quali macchinisti, portieri, ecc., sia in grado di portare il più pronto ed efficace ausilio nei casi di incendio e di pericolo.

 

2. I regolamenti di prevenzione incendi       

Arriviamo agli inizi degli anni ottanta ed all’emanazione del DPR n. 577 del 29 luglio 1982 che sancisce che la sicurezza contro gli incendi si fonda su misure, accorgimenti, metodi e procedure tese ad evitare che un incendio avvenga e comunque a limitarne le conseguenze qualora non si riesca ad evitarlo.

In questa definizione troviamo due affermazioni implicite:

a)      che le misure tese a prevenire gli incendi riguardano rischi conosciuti;

b)  che questi rischi non vengono neutralizzati del tutto ma esiste la probabilità che essi comunque producano effetti (accettabilità del rischio, riduzione del rischio sino ad un livello accettabile);

Il DPR 577/82 viene in parte sostituito ed aggiornato nel 1998 dal DPR n. 37 che all’art. 5 impone precisi obblighi connessi all’esercizio dell’attività:

mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal comando;

provvedere ad assicurare una adeguata informazione e formazione del personale dipendente sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l'insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio;

registrare i controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione, l'informazione e la formazione del personale effettuati in apposito registro, mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del comando.

Il DPR 37/98 risente dell’impostazione del D.Lgvo 626/94 nel frattempo emanato e di alcune norme di semplificazione dei procedimenti amministrativi.

 

3. Il D.Lgvo 626/94, il D.Lgvo 81/2008 ed il principio di precauzione

            Con il recepimento di alcune direttive europee sulla sicurezza dei lavoratori, avvenuto con il D.Lgvo 626/94, si sposta l’equilibrio tra le misure di sicurezza strutturali ed impiantistiche e quelle gestionali nonché l’impostazione stessa del concetto prevenzionistico sia nel campo della sicurezza sul lavoro sia in quello della prevenzione degli incendi. La previgente impostazione (DPR 547/55) imperniata sul concetto del “pericolo” che deve essere abbattuto, nel nuovo sistema (D.Lgvo 626/94 e poi 81/2008) viene sostituito dal concetto di “rischio” che chiama in campo il concetto di valutazione e quello di accettabilità.  La logica che pervade l’impianto normativo dettato dal D.Lgvo 81/2008 che sostituisce ed integra il D.Lgvo 626/94 si presenta diversa da quella che aveva ispirato il decreto 547/55, il quale assegnava alla sicurezza una valenza assoluta e le forme di protezione antinfortunistica erano concepite come misure destinate all’abbattimento delle situazioni di pericolo sino alla prescrizione di cessazione dell’operazione implicante un pericolo non altrimenti eliminabile. La valutazione e riduzione dei rischi  è la nuova “ratio” dei decreti legislativi, d’ispirazione comunitaria, nn. 626/1994 e n. 81/2008  i quali, tra l’altro, segnalano la necessità di operare un bilanciamento tra gli interessi connessi alla sicurezza del lavoro con quelli con essi in potenziale contrasto, nei limiti del "concretamente possibile" e del "tecnicamente attuabile".

            Il nuovo impianto normativo vede, nell’obbligo di procedimentalizzare le varie fasi in cui si articola la prevenzione che da puntuale diventa globale e nella redazione del documento di sicurezza, i momenti fondamentali del sistema che chiama a responsabilità anche altre figure sulle quali viene ripartito l’obbligo di sicurezza: il responsabile del servizio di prevenzione e prevenzione nei luoghi di lavoro, il medico competente, il rappresentante della sicurezza dei lavoratori. La valutazione dei rischi che non è delegabile da parte del datore di lavoro e la redazione del documento sulla sicurezza aziendale costituiscono lo strumento fondamentale attraverso il quale il datore di lavoro individua le misure di prevenzione più adeguate ad eliminare o comunque a ridurre l’incidenza dei rischi connessi all’attività lavorativa, nonché pianifica ed aggiorna il sistema delle misure di sicurezza collettive ed individuali, anche in relazione al progresso tecnologico ed alla concreta efficacia ed efficienza delle stesse.  In questa ottica, la prevenzione riveste, quindi, un carattere dinamico, perché impone al datore di lavoro di ripetere nel corso del tempo la valutazione dei rischi e di aggiornare il documento di sicurezza aziendale ogni qualvolta vengano apportate modificazioni al ciclo produttivo in grado di incidere in maniera significativa sulla sicurezza dei lavoratori.

            La mutazione è profonda. Dalla certezza della cautela prescrittiva orizzontale e oggettiva valevole per piccole e grandi attività si passa all’incertezza della valutazione soggettiva del rischio “cucita” sulla specifica attività e che trova il maggiore sostegno nel dato stocastico-probabilistico.

            Tale passaggio metodologico assume particolare rilievo soprattutto in presenza di nuove tipologie di attività e dei connessi rischi. In prima approssimazione i rischi possono essere classificati in rischi certi, e quindi da ritenersi inaccettabili sotto il profilo della prudenza e della prevenzione, in quanto esprimono il legame di causalità fra l’avvenimento e il danno scientificamente provato che ne consegue; rischi residuali o concorrenti, quelli inerenti allo svolgimento delle normali e quotidiane attività, verso i quali è gioco-forza la tolleranza; rischi incerti o presunti, ma scientificamente non provati, verso i quali non è privo di senso supporre che esistano e che, pertanto, solo un atteggiamento di precauzione può limitare.

            L’incertezza a determinare quantitativamente i rischi presunti perché non assistita da conoscenze scientifiche certe circa la progressione delle cause della condotta rischiosa verso l’evento lesivo è evocativa, della transizione, dal principio di prevenzione, che si fonda sulla possibilità di individuare e fissare specifiche regole cautelari idonee a mostrare al soggetto agente quale sia la via da seguire per prevenire ed evitare la verificazione di determinati eventi dannosi o pericolosi, al principio di precauzione, per il quale, ove le attività socialmente utili ma rischiose incidano su beni di rilevanza primaria, quale la salute umana, è necessario adottare tutte le misure ritenute potenzialmente idonee ad azzerare o contenere gli effetti di tali attività, anche se non interamente dimostrabili – proprio per l’insufficienza o contraddittorietà dei dati scientifici a disposizione –, né prevedibili con esattezza nella loro portata.

            Il principio di precauzione introdotto nella disciplina giuridica nazionale da quella europea trova un qualche riscontro nell’art. 2087 codice civile che obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure che risultino in grado di tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore, senza poter invocare a suo vantaggio l’assenza di certezze scientifiche sulla dannosità di una sostanza, di un prodotto, di un processo.

            A valle del D.Lgvo 626/94 viene emanato il D.M. 10 marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro” che inizia a introdurre nello specifico settore della prevenzione incendi il nuovo sistema valutativo che tende a superare la cautela prescrittiva. In questo disposto normativo rivolto alla sicurezza antincendio di tutti i luoghi di lavoro viene previsto un articolato sistema della gestione dando enfasi alla pianificazione dell’emergenza, alla individuazione e formazione delle figure degli “addetti antincendio” che dovranno prendersi cura di mantenere in efficienza ed attuare in caso di necessità tutte le misure gestionali ed organizzative in caso di emergenza.

            Le norme tecniche successivamente emanate legate alla sicurezza antincendi di scuole, ospedali, centri commerciali confermano l’obbligo di realizzare un sistema di gestione della sicurezza e la connessa pianificazione dell’emergenza.

            E’ indubbio però che la pietra miliare nei sistemi di gestione della sicurezza è costituito dall’art. 30 del D.Lgvo 81/2008 che introduce i  “Modelli di organizzazione e di gestione”. Oltre a precisare che il costo per la predisposizione di un modello di organizzazione e gestione può usufruire di fondi incentivanti, si stabilisce che i modelli di organizzazione aziendale conformi alle linee guida UNI-INAIL o al British Standard OHSAS 18001:2007 “esimono” della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

 

4. I Rischi di incidente rilevante

            Un altro settore normativo che si sviluppa parallelamente alle norme sulla sicurezza sul lavoro e sulla prevenzione incendi è quello che riguarda le attività a Rischio di Incidente Rilevante.  

I decreti legislativi che, a partire dal 1988, recepiscono nell’ordinamento italiano le cosiddette direttive Seveso prevedono in maniera molto articolata l’obbligo di attuare sistemi di gestione della sicurezza e di pianificazione dell’emergenza per la prevenzione degli incidenti rilevanti (SGS-PIR). Il gestore è tenuto ad enunciare gli obbiettivi che intende perseguire nel campo della prevenzione e del controllo degli incidenti rilevanti, i principi generali su cui si basa la politica, l’impegno a realizzare, adottare e a mantenere e ricercare il miglioramento continuo del SGS-PIR. Viene precisato l’impegno a realizzare, adottare e mantenere “ il miglioramento continuo del proprio sistema di gestione della sicurezza “ esplicitando in tal modo il principio cardine di tutti i sistemi di gestione.

 

5. Il D.M. 9 maggio 2007 e l’introduzione del sistema prestazionale

            Gli obblighi gestionali che il D.M. 10 marzo 1998 introduce nel campo della prevenzione incendi  non trovano grande accoglienza. Il tema viene riproposto con l’emanazione del D.M. 9 maggio 2007 che stabilisce che, qualora si ricorra all’approccio prestazionale (FSE), occorre realizzare un sistema di gestione della sicurezza in quanto le scelte e le ipotesi poste a base del progetto costituiscono vincoli e limitazioni imprescindibili per l’esercizio dell’attività. Il sistema di gestione della sicurezza prevede  i seguenti punti:

- organizzazione del personale;

- identificazione e valutazione dei pericoli derivanti dall’attività;

- controllo operativo;

- gestione delle modifiche;

- pianificazione di emergenza;

- sicurezza delle squadre di soccorso;

- controllo delle prestazioni;

- manutenzione dei sistemi di protezione;

- controllo e revisione.

 

6. D.P.R. 151/2011

            Il DPR 151 emanato in data 1° agosto 2011 sostituisce il DPR 577/82 ed il DPR 37/98 e allarga alle attività in cui non vi sono lavoratori dipendenti, ma che rientrano tra quelle sottoposte ai controlli di prevenzione incendi, gli obblighi gestionali di sicurezza. Infatti l’art. 6 recita:

a. Gli enti e i privati responsabili di attività di cui all'Allegato I del presente regolamento, non soggette alla disciplina del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, hanno l'obbligo di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal Comando nel certificato di prevenzione o all'atto del rilascio della ricevuta a seguito della presentazione della SCIA  ……, nonché di assicurare una adeguata informazione sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l'insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio.

b. I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione e l'informazione di cui al comma 1, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei responsabili dell'attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del Comando.

 

Finalmente, e non poteva essere diversamente vista la gerarchia delle fonti, il DPR 151 richiama gli obblighi gestionali stabiliti dal D.Lgvo 81/2008 per tutte le attività sia con che senza lavoratori dipendenti, sanando un’apparente dicotomia tra norme sulla sicurezza sul lavoro e quelle di prevenzione incendi.

 

 

7. Il D.M. 3 agosto 2015 - Codice di Prevenzione Incendi.

            Arriviamo, infine, al DM 3 agosto 2015, conosciuto comunemente come CODICE di PREVENZIONE INCENDI. Una delle principali misure previste nel testo normativo da applicare sin dalla fase di progettazione della strategia della sicurezza antincendio, è la predisposizione un sistema di gestione della sicurezza antincendio. Il capitolo S5 della norma si intitola infatti “Gestione della sicurezza antincendio” e contiene gli strumenti per poter progettare, in funzione del livello di rischio dell’attività e del livello di prestazione richiesto, il modello di gestione ed organizzazione idoneo all’attività, individuando le figure professionali necessarie, gli addetti ed il profilo professionale e formativo richiesto e tutte le misure necessarie al fine di “tenere sotto controllo” gli elementi utili al funzionamento della sicurezza antincendio dell’attività (verifiche, manutenzione, impianti tecnologici e di servizio, lavorazioni interferenti).

La gestione della sicurezza antincendio (di seguito GSA) rappresenta la misura antincendio organizzativa e gestionale atta a garantire, nel tempo, un adeguato livello di sicurezza nell’attività in caso di incendio.

La GSA deve accompagnare l’attività per tutta la vita della stessa: dalla nascita con la progettazione, sino al termine.

Una corretta GSA deve comprende almeno le seguenti componenti:

-          la progettazione delle lavorazioni pericolose, in modo da impedire l’insorgenza degli incendi;

-          il monitoraggio continuo dei rischi di incendio e l’adozione di azioni per eliminare o ridurre tali rischi;

-          la conoscenza della tipologia di occupanti (persone) presenti nell’edificio (disabili, anziani, bambini, etc.) in relazione ai rischi presenti;

-          il controllo affinché le misure di sicurezza antincendio siano mantenute in stato di efficienza e le vie di fuga siano sempre fruibili;

-          l’addestramento del personale;

-          l’elaborazione e la verifica del piano di emergenza, in particolare del piano di evacuazione;

-          la gestione dell’emergenza in caso di incendio sino all’arrivo dei Vigili del Fuoco.

Nel codice, la progettazione delle diverse componenti di un GSA viene distinta in tre livelli di prestazione.

 

Il livello I viene associato ad attività “meno rischiose” per le quali sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:

-          curva di sviluppo dell’incendio con crescita lenta o media;

-          assenza di occupanti che possono essere addormentati;

-          assenza di occupanti che ricevono cure mediche;

-          siano collocate in edifici “bassi” e “poco profondi”;

-          bassi carichi di incendio (non si devono superari i vecchi 65 kg di legna equivalente al m²);

-          assenza di sostanze e miscele pericolose;

-          assenza di lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio e dell’esplosione.

                           

Se una delle condizioni elencate prima non è verificata, allora, sempre secondo il Codice, sarà necessario adottare un GSA di Livello II di prestazione.

Il Livello III è destinato alle attività più complesse e rischiose, e deve essere assegnato al verificarsi di almeno una delle condizioni elencate di seguito:

-          necessità di proteggere i beni contenuti nell’attività;

-          elevato affollamento complessivo (se aperta al pubblico superiore a 300 persone, se non aperta al pubblico superiore a 1000 persone);

-          se gli occupanti possono esser addormentati o ricevere cure mediche;

-          se si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose in quantità significative e affollamento complessivo superiore a 25 persone;

-          se si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell'incendio o dell'esplosione e affollamento complessivo superiore a 25 persone.

 

Stabilito il livello di prestazione del GSA da attuare per assicurare la sicurezza nel tempo dell’attività, il Codice indica i ruoli del progettista e del responsabile dell’attività:

 

 

 

Nelle soluzioni conformi stabilite dal Codice per il GSA sono previsti i seguenti ruoli;

-          progettista;

-          responsabile dell’attività;

-          coordinatore dell’unità di gestione GSA.

-          coordinatore degli addetti al servizio antincendio;

-          addetti al servizio antincendio;

 

Per il livello I di prestazione, al Responsabile dell’attività spettano i seguenti Compiti e Funzioni:

-          organizzare la G.S.A.;

-          predisporre, attuare e verificare periodicamente il piano d'emergenza;

-          garantire il mantenimento in efficienza dei sistemi, dispositivi, attrezzature e delle altre misure antincendio adottate, effettuando verifiche di controllo ed interventi di manutenzione;

-          predisporre un registro dei controlli, commisurato alla complessità dell'attività, per il mantenimento del livello di sicurezza previsto nella progettazione, nell'osservanza di limitazioni e condizioni d'esercizio ivi indicate;

-          predisporre nota informativa e cartellonistica riportante divieti e precauzioni da osservare, numeri telefonici per l'attivazione dei servizi di emergenza, nonché riportante azioni da compiere per l’utilizzo delle attrezzature antincendio e per garantire l’esodo;

-          verificare dell'osservanza di divieti, delle limitazioni e delle condizioni normali di esercizio;

-          provvedere a formazione ed informazione del personale su procedure ed attrezzature;

-          nominare le figure della struttura organizzativa;

-          adottare le misure di prevenzione incendi.

 

Gli addetti antincendio, invece, nell’ambito del GSA devono:

-          in condizioni ordinarie, attuare le disposizioni della GSA, in particolare:

-          attuano le misure antincendio preventive;

-          garantiscono la fruibilità delle vie d'esodo;

-          verificano la funzionalità delle misure antincendio protettive;

In condizioni d'emergenza, attuano il piano d'emergenza, in particolare:

-          provvedono allo spegnimento di un principio di incendio;

-          guidano l'evacuazione degli occupanti secondo le procedure adottate;

-          eseguono le comunicazioni previste in emergenza;

-          offrono assistenza alle squadre di soccorso.

 

Infine, gli adempimenti minimi del GSA sono:

-          prevenzione degli incendi;

-          istruzioni e planimetrie di piano per gli occupanti;

-          registro dei controlli;

-          piano d'emergenza;

-          formazione ed informazione addetti al servizio antincendio.

 

Un GSA di Livello II di prestazione, in aggiunta a quanto richiesto per il Livello I, prevede:

-          adozione di un piano di mantenimento del livello della sicurezza antincendio;

-          individuazione di un coordinatore degli addetti al servizio antincendio;

-          predisposizione – facoltativa – di un centro di gestione delle emergenze.

 

Un GSA di Livello III, oltre a quanto previsto per il Livello II, richiede:

-          la predisposizione – obbligatoria – del centro di gestione delle emergenza;

-          l’istituzione di una unità gestionale GSA con un coordinatore della stessa.

 

8. Conclusioni:

Questa breve e non esaustiva ricognizione vuole mettere in evidenza come il cammino verso nuove frontiere della tecnica non è mai lineare. Passare dalla certezza delle norme cautelari del DPR 547/55 alla incertezza valutativa del D.Lgvo 81/2008 è un cambiamento culturale profondo. Il progresso tecnologico, la diffusione delle conoscenze, una maggiore sensibilità sociale, la contaminazione della cultura mediterranea con quella del nord Europa hanno imposto questo cambiamento che ritengo epocale. Ai numeri ed alle misure valide in maniera indiscriminata dal piccolo al grande, dal semplice al complesso, si sostituisce la valutazione del caso specifico. La conseguenza più immediata che deriva da questo processo evolutivo è quello di assegnare un ruolo centrale al sistema di organizzazione e gestione della sicurezza che deve essere capace di dare risposta anche ai rischi incerti.

In conclusione il cambiamento delineato chiama in causa diversi aspetti:

- una maggiore professionalità e responsabilità del professionista che dovrà fare riferimento ad un più ampio spettro normativo costituito da regole, norme, criteri e buone prassi su cui basare la soggettiva valutazione del rischio;

- la necessità di organizzare un sistema di gestione della sicurezza e di pianificazione dell’emergenza che deve vivere dinamicamente con l’attività e che deve far parte delle strategie complessive dell’azienda. Nella mia ormai lunga esperienza professionale ho visto fughe in avanti, da parte di chi progetta e realizza un’attività, verso la gestione ritenuta meno pervasiva rispetto ad altre misure di sicurezza impiantistiche e strutturali. E’ una visione che nei fatti si è dimostrata sbagliata e talvolta economicamente insostenibile. La gestione della sicurezza è efficace ed efficiente se è progettata e vive con l’attività;

- un sistema di controllo pubblico che deve rafforzare l’attenzione alle procedure che conducono all’individuazione delle misure di sicurezza rispetto ai suoi contenuti e soprattutto una regolamentazione che deve trovare nella più ampia condivisione il suo punto di forza. L’aumentata sensibilità sociale al rischio, infatti, sta cambiando l’atteggiamento verso scienza e tecnologia. Da una visione acritica del sapere scientifico, assunto come oggettivo e scevro da incertezze, si stà passando ad una posizione consapevole della non neutralità delle soluzioni tecnologiche, allorché le stesse entrano a contatto con attività umane e produttive, che possano incidere sulla sicurezza, sulla tutela dell’ambiente, sugli esseri viventi, sull’uomo.

 

                                                                                   ing. Cosimo Pulito

Bibliografia:

F. Dattilo, C. Pulito e altri, Codice di Prevenzione Incendi Commentato, EPC 2015

C. Pulito, La valutazione del rischio alla base del sistema di prevenzione incendi, 2/2004

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Gaetana Morgante, Spunti di riflessione su diritto penale e sicurezza del lavoro nelle recenti riforme legislative, La Cassazione Penale 09/2010

Anna Rota, Stampa 3D: un nuovo rischio da ignoto tecnologico? LaBour &Law Issues vol. 1, n.1, 2015

Nicola Marotta, Sistema di gestione della Sicurezza antincendio, Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale, Scienza e Tecnica della Prevenzione Incendi» Pisa A.A. 2014 – 2015

Stefano Avella, Aspetti Critici dell’Imputazione della Responsabilità Penale Individuale nel Settore della Sicurezza sul Lavoro, Tesi di laurea Facoltà Giurisprudenza Milano AA 2014-2015

Irene Scordamaglia, Il Diritto Penale della Sicurezza del Lavoro tra i Principi di Prevenzione e di Precauzione, Diritto Penale Contemporaneo

Comitato Nazionale per la Bioetica Presidenza del Consiglio dei Ministri, Il Principio di Precauzione: profili bioetici, filosofici, giuridici, 2014

 

 

Autore:

ing. Cosimo Pulito